Cielo d'Alcamo

     L’ipotesi più autorevole circa l’attribuzione del nome del rimatore interpreta Cielo come ipocoristico di Michele (siciliano Miceli). Mentre d’Alcamo come cognome o toponimo derivato da Alcamo, cittadina tra Trapani e Palermo.

     Indizi utili sull’epoca della composizione sono interni al testo stesso. Per il terminus a quo, si è soliti far ricorso al v. 22 (“Una difensa mètonci di du mili’agostari”), per il terminus ad quem il v. 24 (“Viva lo ’mperadore, grazi’ a Deo!”). Il primo allude alle “Costituzioni di Melfi” del 1231 (In particolare la Const. I, 16, De defensis imponendis, et quis eas imponere possit, secondo la quale una persona aggredita poteva difendersi invocando il nome dell’imperatore. Gli “agostari”, ovvero gli “augustali”, erano monete d’oro); il secondo verso segna un termine nell’anno della morte di Federico II, il 1250.

          Il testo è inoltre citato, anonimo, da Dante, come esempio di siciliano parlato “medio”: «Diciamo allora che il volgare siciliano, a volerlo prendere come suona in bocca ai nativi dell’isola di estrazione media (ed è evidentemente da loro che bisogna ricavare il giudizio), non merita assolutamente l’onore di essere preferito agli altri, perché non si può pronunciarlo senza una certa lentezza; come ad esempio qui: Tragemi d’este focora, se t’este a boluntate» (De vulgari eloquentia I, xii, 6)1 . La citazione è anonima probabilmente per la notorietà del testo, così come anonime sono, nello stesso capitolo, quelle dei versi di Guido delle Colonne, Giacomo da Lentini, Rinaldo d’Aquino: esempi di volgare “illustre”. Prosegue infatti Dante, rivolgendosi ai rimatori illustri: «Se invece lo vogliamo assumere nella forma in cui sgorga dalle labbra dei siciliani più insigni, come si può osservare nelle canzoni citate in precedenza, non differisce in nulla dal volgare più degno di lode, e lo mostreremo più sotto».     

La lingua del contrasto è certamente siciliana ma alcuni tratti linguistici continentali hanno fatto supporre o una trascrizione meridionale intermedia tra l’originale siciliano e il Vaticano Latino 3793, oppure un voluto ibridismo linguistico, tipico del genere mediocre.