Introduzione
È un “contrasto” attribuito a Cielo d’Alcamo. Il testo è inoltre citato, anonimo, da Dante: «Tragemi d’este focora, se t’este a boluntate» (De vulgari eloquentia I, xii, 6). La citazione è anonima probabilmente per la notorietà del testo.
La lingua del contrasto è siciliana ma alcuni tratti linguistici continentali hanno fatto supporre un voluto ibridismo linguistico, tipico del genere medio.
Composto fra il 1231 e il 1250, forse da un giullare messinese, presenta trentadue battute di dialogo, alternate, da un uomo (il poeta stesso) e una donna corteggiata da costui.
L’avvio alto del primo emistichio, allusivo alla maniera colta della tradizione alta, poggia sull’invenzione metaforica: “Rosa fresca aulentissima”. Esso però non riesce a sostenersi nemmeno per la durata di un verso: già nel secondo emistichio la metafora si scioglie dalla sua unità di metaforizzante e metaforizzato; rimane solamente il soggetto, il metaforizzante: la rosa. La rosa è il fiore che sboccia in prossimità dell’estate, desiderato dalle donne di ogni qualità. Al termine del contrasto rimarrà invece in luce solamente la figura del metaforizzato: la donna.
L’autore ostenta una sicura conoscenza del modello provenzale cortese (la “pastorella”), offrendone una interessante parodia, alternando ai temi della tradizionale lirica d’amore alta elementi dialettali e popolareschi. L’idealizzazione della lirica erotica illustre lascia tuttavia intravvedere l’impronta di un realismo popolaresco, al quale il rimatore cede infine del tutto il passo.
Nella conclusione il corteggiamento si conclude con la resa della donna, la quale, dopo essersi mostrata a lungo ritrosa, si concede al desiderio erotico del giovane.
All’interno della produzione letteraria della Scuola poetica siciliana, il “contrasto” rappresenta uno sviluppo di quella linea comica, dialogica e mimica che si trova in Giacomino Pugliese.