Amor, che lungiamente m'ài menato

4.4

(IBAT 31.1)

Amor, che lungiamente m’ài menato1
a freno stretto senza riposanza2,
alarga le tue redine, in pietanza3,
che soverchianza4    m’à vinto e stancato:
ch’ò più durato    ch’io non ò possanza,
per voi, madonna, a cui porto leanza5
più che non fa asessino asorcotato6,
che si lascia morir per sua credanza7.
Ben èste8 affanno diletoso amare,
e dolze pena ben si pò chiamare:
ma voi, madonna, de la mia travaglia,
ca sì mi squaglia,    prenda voi merzede,
che ben è dolze mal, se no m’auzide.

                              II
Oi dolze cera co sguardo soave,
più bella d’altra che sia in vostra terra,
traete lo mio core ormai di guerra9,
che per voi erra10    e gran travaglia n’àve;
che sì gran trave    poco ferro serra11
e poca pioggia grande vento aterra12;
però13, madonna, non vi ’ncresca e grave14,
s’Amor vi sforza, c’ogni cosa inserra.
E certo no gli è troppo disinore,
quand’omo è vinto d’un suo megliore15,
e tanto più d’Amor che vince tutto;
però non dotto16    ch’Amor non vi smova17;
saggio guerrero vince guerra e prova.

                              III
Non dico ch’a la vostra gran bellezza
orgoglio non convegna e steavi bene,
ch’a bella donna orgoglio ben convene,
che si mantene    in prescio ed in grandezza.
Troppa alterezza    è quella che sconvene;
di18 grande orgoglio mai ben non avene19.
Però20, madonna, la vostra durezzabis
convertasi in pietanza e si rinfreni21:
non si distenda22 tanto ch’io ne pera.
Lo sole è alto, e sì23 face lumera,
e tanto più quanto ’n altura pare24:
vostr’argogliare25    donque e vostra altezze
faciami pro e tornimi in dolcezze.

                              IV
E’ allumo26 dentro e sforzo in far semblanza
di no mostrar zo27 che ’l mio core sente.
Oi quant’è dura pena al cor dolente
estar tacente    e non far dimostranza!
Che la pesanza28    a la cera consente28bis,
e fanno vista di lor portamenti
(così son volentieri ’n acordanza)29
gli occhi co lo core insembremente30.
Forza di senno è quella che soverchia31
ardir di core, asconde ed incoverchia.
Ben è gran senno, chi32 lo pote fare,
saver celare    ed essere segnore
de lo suo core quand’èste33 ’n erore.

                              V
Amor fa disviare li più saggi,
e chi più ama a pena à in sé misura34,
più folle è quello che più s’innamora.
Amor non cura    di far suo’ dannaggi35,
ch’a li coraggi36    mette tal calura
che non pò rafredare per fredura.
Gli occhi a lo core sono gli messaggi
dei suoi incominciamenti per natura.
Dunqua, madonna, gli occhi e lo mio core
avete in vostra man, dentro e di fore,
ch’Amor mi sbatte e smena37, che no abento38,
sì come vento    smena nave in onda:
vo’ siete meo pennel39 che nonn-afonda.

1
.
.
.
5
.
.
.
.
10
.
.
.

.
.
15
.
.
.
.
20
.
.
.
.
25
.

.
.
.
.
30
.
.
.
.
35
.
.
.
.

.
40
.
.
.
.
45
.
.
.
.
50
.
.

.
.
.
55
.
.
.
.
60
.
.
.
.
65

1. menato: “condotto”.

2. riposanza: “riposo”.

3. pietanza: “pietà”.

4. soverchianza: “eccesso, oltranza”.

5. leanza: “lealtà”.

6. asessino asorcotato: “assassino fanatico”.

7. credanza: “fede”.

8. èste: “è”.

9. guerra: “tormento”.

10. erra: “soffre”.

11. serra: “sega”.

12. aterra: “sottomette”.

13. però: “perciò”.

14. grave: “pesi”.

15. d’un suo megliore: “da uno migliore di lui”.

16. dotto: “temo”.

17. vi smova: “vi incalzi”.

18. di: “da”.

19. avene: “deriva”.

20. Però: “Perciò”.

20 bis. durezza: “rilutanza”.

21. si rinfreni: “si moderi”.

22. si distenda: “ecceda”.

23. e sì: “eppure”.

24: ’n altura pare: “appare alto nel cielo”.

25: argogliare: “inorgoglire”.

26. E’ allumo: “Io ardo”.

27. zo: “ciò”.

28. pesanza: “dolore, sofferenza”.

28 bis. consente: “ubbidisce”.

29. son volentieri ’n acordanza: “si accordano in equilibrio”.

30. insembremente: “insieme”.

31. soverchia: “domina”.

32. chi: “se uno”, “per chi”.

33. èste: “è”.

34. misura: “moderazione”.

35. dannaggi: “danni”.

36. coraggi: “cuori”.

37. smena: “agita, scuote”.

38. che no abento: “che non posso aver pace”.

39. pennel: “pinnacolo”, la banderuola segnavento della nave.